Gentile Redazione de Il Fatto Quotidiano,
Gentile Daniele Martini autore dell'articolo "Il vitalizio dei Ferrovieri", volevamo rivolgervi i nostri più sinceri ringraziamenti per aver acceso i riflettori su una questione che, come emerge dal vostro scritto, lascia molti dubbi se non si è in possesso delle giuste conoscenze in materia.
Lo spirito dell'articolo da voi proposto è chiaro dalle prime battute, l'autore cerca di alimentare la tensione verso dei lavoratori che -nell'esercizio delle loro funzioni- sono già sottoposti a numerose problematiche. Lo spirito dell'articolo da voi proposto è chiaro dalle prime battute, l'autore cerca di alimentare la tensione verso dei lavoratori che -nell'esercizio delle loro funzioni- sono già sottoposti a numerose problematiche. Mettere sullo stesso piano gli abbonati, coloro che tentano di viaggiare senza pagare ed i ferrovieri non rappresenta nulla di costruttivo. Bisogna precisare infatti che chi tenta di viaggiare senza pagare il biglietto è spesso autore di aggressioni contro il personale dei treni e non può passare per vittima solo perché rischia di pagare una penale prevista dalle condizioni generali di trasporto. Sui treni senza biglietto non si accede. In Europa le multe arrivano a sfiorare i 1500 euro ma è un tema che non appassiona perché i biglietti vengono pagati e a tutela dei lavoratori ferroviari c'è spesso la scorta di vigilanza armata. Questi toni faziosi non fanno che complicare ulteriormente il delicato ruolo del personale di bordo che si trova tutti i giorni a combattere, per far rispettare le regole. Questo si che sarebbe un argomento su cui sensibilizzare l'opinione pubblica con i vostri interessanti articoli: le aggressioni verbali e spesso fisiche verso chi lavora sui treni.
Ma entriamo nel merito dell'articolo: Nel 1990, come raccontate, in un contesto di crisi economica aziendale, management e sindacati firmatari decisero di contemperare l'esigenza di risparmio dell'Ente con un problema di mobilità di tanti ferrovieri chiamati a lavorare lontani dalle proprie regioni d'origine. Fu una scelta molto sostenibile e fu -in quel rinnovo- l’unico aumento contrattuale dei ferrovieri. Le gare di assegnazione dei servizi regionali non erano nemmeno in previsione e per le FF.SS fu un aumento a costo nullo. I ferrovieri, quindi, già pagano il servizio che loro stessi offrono; lo pagano come affidabili contribuenti e lo pagano per CCNL; perchè il minor costo del lavoro è uno di quei fattori che concorre nell'assegnazione delle gare per offrire alle regioni servizi a minor costo. Comprendiamo bene che la verità in un giornale non vende quanto la polemica, ma riteniamo utile discussione far presente che questo sistema di welfare è talmente tanto apprezzato dalle aziende che -soprattutto nelle imprese private- si cerca di scambiare "auto-servizi" con la parte economica. Easyjet, la compagnia aerea, ed Italo Treno sono due palesi esempi di ciò. Addirittura, l'Italo pass estende il diritto a tutti coloro che rientrano nello "stato di famiglia" del dipendente a fronte di un costo del lavoro più basso. Un esempio di buon welfare, anticipato dal Gruppo FSI circa trenta anni fa.
Un'ultima ma non banale precisazione; i ferrovieri di FSI sono 60441; è un dato molto prossimo all'esattezza; non i 70.000 di cui parlate. Parliamo di 10.000 lavoratori in meno, e mentre scriviamoi numeri continuano a scendere. Ci teniamo quindi a rassicurarvi sulle capacità dell'AD Mazzoncini e del suo staff manageriale nel tagliare costi e posti di lavoro; al punto da farci sospettare che condivida con voi il termine "casta" per i ferrovieri: una categoria resa sempre più esigua ed inaccessibile dai tagli imposti dal mercato ed in futuro, forse, dalla borsa.
In allegato il Comunicato Ufficiale